Adeguamento liturgico della Cattedrale di Acerra

Il progetto si pone come contributo al dibattito intorno al conflitto, a tutt’oggi irrisolto, tra le ragioni dell’adeguamento liturgico delle chiese antiche e quelle della conservazione filologica delle stesse.

Il tema dell’ adeguamento liturgico di una cattedrale non può essere affrontato se non nell’ottica del recupero della “vitalità” dell’edificio–chiesa, della sua funzione liturgica, ovvero del suo uso, evitando che questo si trasformi in mero contenitore di oggetti d’arte in esposizione.

Le sperimentazioni di oltre quarant’anni di post- Concilio dimostrano che in una chiesa non ancora adeguata ad ospitare la rinnovata liturgia, è necessario ridefinire gli equilibri dell’impianto esistente in un nuovo assetto, senza tuttavia che questa operazione ne sconvolga lo spazio, né che penalizzi la percezione delle opere artistiche ed architettoniche ivi conservate. La presa di coscienza di tali principi costituisce l’approccio fondamentale ad ogni intervento progettuale di adeguamento liturgico. Nella Cattedrale di Acerra il ricco repertorio di pregevoli preesistenze artistiche, rischia di indurre il progettista ad una pericolosa operazione di raddoppiamento degli oggetti e dei fuochi liturgici, pertanto l’intento progettuale adottato mira al riutilizzo delle storiche preesistenze reinterpretate in un nuovo assetto spaziale.

La cupola della Cattedrale di Acerra rappresenta, all’esterno per la città e all’interno per lo spazio della chiesa, un “luogo” eccezionale sia per forma sia per dimensione.

Attualmente al grande vuoto della cupola in elevazione, posta sull’intersezione fra navata centrale e transetto, non corrisponde un luogo di adeguata valenza simbolica sul piano di fruizione della chiesa. Pertanto, nel nome di una maggiore partecipazione dell’assemblea celebrante e con l’intento di ritrovare la “vitalità” della Cattedrale nell’esaltazione della dinamica simbolico-spaziale, si intende avanzare il presbiterio affinché l’altare si trovi al di sotto della cupola, conquistando l’auspicata coincidenza tra il centro dello spazio liturgico (altare) e il centro dello spazio architettonico (cupola all’incrocio fra navata e transetto). Questa corrispondenza tra la dimensione liturgica e la dimensione spaziale permette all’architettura, parte integrante dell’azione rituale, di concorrere all’esperienza religiosa del rito.

L’avanzamento dell’area presbiteriale coinvolge anche l’ antica cattedra che avanza longitudinalmente di una campata. L’altare, al centro del “santuario”, sull’asse verticale della cupola, è inondato tanto di luce naturale, quanto di luce artificiale dal grande crocifisso sospeso su di esso. La collocazione del crocifisso, opera dell’artista, tesa alla rappresentazione della Passione di Cristo, è un chiaro richiamo al legame tra cupola e altare, tra cielo e terra, e attesta l’opera ad un’altezza tale per cui la sua presenza non compromette mai la visuale della pala dell’Assunta.

L’avanzamento dell’area presbiteriale coinvolge anche l’ antica cattedra che avanza longitudinalmente di una campata. L’altare, al centro del “santuario”,sull’asse verticale della cupola, è inondato tanto di luce naturale, quanto di luce artificiale dal grande crocifisso sospeso su di esso. La collocazione del crocifisso, opera dell’artista, tesa alla rappresentazione della Passione di Cristo, è un chiaro richiamo al legame tra cupola e altare, tra cielo e terra, e attesta l’opera ad un’altezza tale per cui la sua presenza non compromette mai la visuale della pala dell’Assunta.

All’interno del perimetro del presbiterio trova collocazione anche il luogo della liturgia della Parola definendosi come elemento allungato, leggermente rialzato e avanzato nella direttrice longitudinale della navata, posto in posizione discostata dall’area della liturgia eucaristica per definire una propria zona di competenza. Sul lato opposto la pedana presbiteriale si allarga lateralmente per accogliere il “coro”.

A separare l’area presbiteriale dalla Cappella del Santissimo, collocata nel luogo dell’attuale presbiterio, si pone una parete filtro, costituita da una serie di pannelli, opera dell’artista, che funge da fondale e barriera ma permette di intravedere la fiammella sempre accesa della Custodia Eucaristica. I sette pannelli, realizzati con tecnica mista, pittura murale con sabbie e cristalli e pigmenti colorati su tela montata su tavole, intendono rappresentare l’idea della luce Divina. Anche la collocazione del frammento della balaustra, attualmente conservato nel museo diocesano, in posizione retrostante alla sede, sottolinea la delimitazione dell’ambito presbiteriale e il passaggio alla Cappella del Santissimo.

L’ attuale cappella del SS. Sacramento mantiene la funzione di cappella feriale, ospitando nuovi banchi e un nuovo altare in pietra che custodisce la reliquia si S. Conone.

Poiché l’area battesimale e l’area della Tomba della Serva di Dio Rossella Petrellese attualmente risultano luoghi di passaggio, l’intervento progettuale prevede la realizzazione di un corpo d’ingresso rientrante nella navata, a
rivestimento della grande struttura di supporto dell’organo. Questa “pelle” di rivestimento permette di realizzare una bussola d’ingresso con due accessi laterali in prossimità del portale principale, sgravando gli ingressi delle navate laterali dalla funzione di accesso. Le campate in corrispondenza del fonte battesimale e del monumento funebre diventano in tal modo due “luoghi” veri e propri, capaci di accogliere i fedeli in raccoglimento.

LE OPERE D’ARTE
Lo spazio dell’opera d’arte è pensato nell’ambito di un progetto globale, architettonico e liturgico, in cui la luce e le atmosfere sostanzino un percorso simbolico verso una dimensione che sia evento epifanico, “un incontro con la rivelazione più vivo e più umano di ogni istruzione ed esortazione” (R. Guardini, in Scritti filosofici).

Il linguaggio dell’intervento artistico ha per tanto il compito di introdurre al momento alto dell’azione liturgica e rafforzare con i suoi “segni” la sacralità dello spazio architettonico.

Un suo uso in funzione didascalica, o esortativa sarebbe riduttivo, in quanto non aprirebbe a profonde prospettive gnoseologiche. Il linguaggio artistico deve “presentare”, non “rappresentare”, l’evento, in modo da generare partecipazione attiva e creativa da parte della comunità dei fedeli.

Si è, perciò, optato per la scelta di un linguaggio aniconico, in quanto più idoneo a mirare all’essenza rinunciando ad una analisi descrittiva degli accadimenti. Oggi viviamo in un tempo caratterizzato da una intensa comunicazione che si avvale di forme mimetiche che enfatizzano la banalità del visivo quotidiano. Per questo motivo ogni rappresentazione del reale rischia di essere consunta e scontata, si da venir percepita solo come formula esteriore deprivata da ogni spessore che induca alla ricerca di una verità più profonda, più alta, più attivamente partecipata. A mio avviso la presenza spirituale si può suggerire meglio con un linguaggio che dia luogo ad alterità, esprimendosi mediante gli elementi alfabetici primari della pittura (forma, segno, colore), i quali suscitano emozioni psichiche profonde e innescano un processo evocativo che conduce all’elevazione interiore.

In questo linguaggio artistico le significazioni sono espresse non dalla mimesi o dalla narrazione, quanto dalle tensioni emozionali e dalle atmosfere evocative indotte dalle strutture cromatiche e dai ritmi dei segni: essi stimolano il fruitore ad una lettura flessibile e personale che conduca ad una partecipazione che sia conquista interiore.

Così le tematiche affrontate si spogliano degli elementi fisici e referenziali facendo assumere al significante (la pittura, che assume in sé e per sé ogni sonorità interiore) il significato più autentico e profondo che apre orizzonti verso l’ineffabile.

Anche il colore, che racchiude infinite potenzialità, condurrà col disegno al grande contrappunto pittorico. Allora la pittura giungerà alla composizione e sarà un ‘arte pura al servizio del divino.
(W. Kandinsky, in LO SPIRITUALE DELL’ARTE)

FONDALE PRESBITERIALE
Serie di sette pannelli rettangolari.
L’opera vuol rappresentare l’idea della luce Divina.
La tecnica è mista: pittura murale con sabbie, cristalli e pigmenti colorati su tela su tavola.

CROCIFISSO
Serie di pannelli quadrangolari su fondo oro più sabbie e cristalli.
L’opera vuol significare la passione di Cristo.

MONUMENTO A ROSSELLA PETRELLESE
L’opera pittorica è formata da sette pannelli quadrangolari eseguiti con tecnica mista su fondo oro e cristalli su tela su tavola.
Per questo lavoro mi sono ispirata all’intervento di fra Massimo Noviello OFMC CAP. – Rossella nel mondo delle beatitudini pag.207. Atti dei convegni sulla Serva di Dio Rossella Petrellese. L’opera vuol rappresentare la sofferenza umana come sacrificio per raggiungere la Beatitudine divina.

  • Progetto

    Davide Raffin, Alessandro Pizzolato con Giorgio Bonaccorso, Laura Stocco

  • Località

    Acerra

  • Anno

    2010